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Il battito del cuore misurato attraverso un
cardiofrequenzimetro diventa il contagiri del nostro motore,
la cartina tornasole per la qualità del nostro allenamento,
dello stato della nostra forma, e sarebbe quindi necessario
sapere quale sia la frequenza cardiaca massima che siamo in
grado di raggiungere per poi calcolare le zone di lavoro.
Andremo quindi a vedere quali siano i metodi per calcolare
la frequenza cardiaca massima e quale sia il metodo più
attendibile.
Innanzi tutto segniamo un paio di concetti fondamentali
sulla frequenza cardiaca e di conseguenza sulla massima:
essendo il cuore un muscolo esistono enormi differenze tra
soggetto e soggetto, variazioni che seguono stato
dell’allenamento nonché l’età, per cui sono valori in
mutamento se non continuo decisamente frequente, e diventa
inutile SE non dannoso copiare pedissequamente una routine
assegnata ad un amico. Ad ogni ripartenza di preparazione
sarebbe buona norma eseguire un test per valutare lo stato
istantaneo di forma.
Il metodo che più o meno tutti conosciamo da sempre per
calcolare la frequenza cardiaca massima è tanto semplice
quanto impreciso ed è stato teorizzato nella formula di
Karvonen:
Uomo 220 – età anagrafica
Donna 226 – età anagrafica
Ossia un individuo maschio di 40 anni avrebbe una frequenza
cardiaca massima di 180 battiti al minuto, mentre nel caso
delle femmine si modifica a 186 bpm il massimo sforzo
possibile. Certamente su grandi numeri potrebbe essere un
valore plausibile, ma se siamo atleti amatori vedremo in
questo dato una grande imprecisione sia nel proprio valore
che in quelli di nostri conoscenti. La formula infatti
differisce troppo spesso di valori tra dal 10 al 15% in
positivo o negativo, che può significare una variazione
della frequenza cardiaca massima di 20 bpm in più o in
meno, decisamente una variazione eccessiva.
Andiamo quindi a vedere l’evoluzione di questa prima formula
seguendo gli studi del dott Hirofumi Tanaka svolti
all’università di Boulder Colorado. La nuova formula va a
limitare il peso dell’età al 70% della variabile, abbassando
il valore della frequenza cardiaca base a 208:
Uomo 208 – 70% età anagrafica.
Donna 209 – 70% età anagrafica.
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Lo stesso individuo maschio di 40 anni continua a mantenere
la stessa frequenza cardiaca massima, mentre già un
individuo femmina di 40 modifica a 181. Da notare che già
chi vi scrive dai suoi 48 anni, in arrivo a brevissimo, ha
una differenza da 172 a 174 bpm.
Fin qui ci siamo rapportati con formule basate su dati
statistici emersi tenendo conto di individui diversamente
allenati e con età variabili possono deviare in maniera
dalla nostra condizione atletica istantanea.
Esistono per fortuna anche dei test mirati al calcolo
della frequenza cardiaca massima che ci daranno valori più
che attendibili se svolti con la giusta cautela e
soprattutto impegno, che vengono utilizzati da
professionisti e amatori attraverso i protocolli che andiamo
a presentare.
Fondamentale per intraprendere un protocollo di calcolo
della frequenza cardiaca massima è, per i principianti,
avere il benestare del proprio medico di base attraverso
una visita di idoneità all’attività fisica, o ancora meglio
di idoneità agonistica, durante la quale viene comunque già
fatto un primo test per valutare l’indice di recupero
immediato I.R.I., che però guarda solo la qualità del
rientro a bpm da quella che si suppone sia la soglia
anaerobica, dato da incrocio pressione, calo prestazione su
cicloergometro, non la frequenza massima.
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I test per la frequenza cardiaca massima sono test
incrementali, a sforzo crescente che portano all’esaurimento
delle energie.
Presentiamo due esempi di test incrementali da svolgere su
tapis roulant con un cardiofrequenzimetro indossato, fermo
che andando a lavorare solamente sulla velocità se ne
potrebbero svolgere anche solo in pista di atletica per la
corsa, quanto sui rulli per quanto riguarda il ciclismo
(fermo restando che per la bicicletta i watt sono ben più
rilevanti dei bpm).
Il test di Bruce:
è un test incrementale che si svolge su tapis roulant con
versioni da 7 a 10 step, iniziando da un riscaldamento a
pendenza 10% a 1,3 km/h (chi cammina in montagna sa che non
sia così banale), aumentando ogni 3 minuti pendenza dl 2% e
velocità di 1,4 km/h, fino al picco del 22% per una velocità
di 9,7 km/h per la versione a 7 step; in quella a 10 step si
potrebbe arrivare a 28% e 12 km/h ma capite bene sia cosa
per atleti veri, abituati a correre in montagna. Il valore
cardiaco massimo registrato sarà quello di riferimento.
Il test di Astrand:
sempre su tapis roulant con un cardiofrequenzimetro
indossato, si esegue un riscaldamento a media bassa velocità
tra i 10 e 15 minuti, inserendo dopo la metà dei cambi di
ritmo brevi come attivazione. Si regola il tapis roulant ad
una velocità di 8,05 Km/h (deriva da 5mph) e ad una pendenza
di 0°. Dopo 3 minuti, si aumenta la pendenza a 2,5° per poi
proseguire ogni 2 minuti con l’aumento della pendenza di
2,5° rimanendo a velocità costante fino all’esaurimento
della capacità di proseguire. Necessario il supporto di un
aiutate esterno che incrementi la pendenza, viene in genere
pianificato in massimo 15 aumenti che portano a pendenza del
32%. Il valore massimo registrato sarà la frequenza massima
cardiaca.
Ultimo punto da chiarire è il motivo per cui conoscere in
maniera precisa la propria frequenza cardiaca massima,
quando magari abbiamo pieno comfort in una determinata
fascia di battiti e ci si ritenga inattaccabili nella
gestione dello sforzo.
Dalla massima frequenza cardiaca andiamo a determinare le 5
fasce di lavoro, suddivise in:
Zona 1 Riscaldamento
Zona 2 Corsa facile
Zona 3 Corsa Aerobica
Zona 4 Corsa di Soglia
Zona 5 Corsa Anaerobica.
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zone di allenamento che come si evince dai nomi avranno
diverso impatto sul fine dell’allenamento, come andremo ad
analizzare in ulteriori contenuti.
Ulteriore qualità di allenamento verrà aggiunta utilizzando
la cosiddetta Frequenza Cardiaca di Riserva in cui si
analizzano anche i battiti a riposo, seguiteci per ulteriori
approfondimenti.
P.S.
Per una corretta rilevazione del battito cardiaco in
attività è SEMPRE consigliabile l’utilizzo della fascia
cardio, in attesa di nuovi strumenti di rilevazione più
sofisticati che garantiscano precisione anche da polso.
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